Autoritratto in parole
Dal sito di Lunàdigas, 12 luglio 2022
Abbiamo avuto occasione di conoscere l’artista Paola Valenzano durante la proiezione del docufilm Lunàdigas, ovvero delle donne senza figli nell’atelier L’Arte perfetta a Roma, e da questo incontro è nato il nuovo spazio espositivo virtuale di Lunàdigas prendo pArte.
«Nasco sotto il sole romano nell’agosto del 1971 e forse per questo la prima parola che pronuncio è “giallo”.
Sono spinta da una grande curiosità e la mia vera specialità sono le domande. Ho studiato diverse tecniche e discipline con una predilezione per quelle artistiche, antropologiche e psicologiche.
Dopo la laurea in Antropologia alla Sapienza di Roma e gli studi di Restauro mi sono occupata per alcuni anni di conservazione e restauro di opere d’arte, dove ho appreso a valorizzare il tempo della cura, la trasformazione e la necessaria pazienza.
La conoscenza dell’Arte Nativa è stata il più potente richiamo verso la mia attività artistica, intrapresa intorno ai trent’anni dopo aver studiato, tra le altre cose, scultura del legno, fotografia, incisione, plastica e formatura. A partire da allora ho preso parte a diverse mostre, collettive e personali, soprattutto presso i circuiti culturali indipendenti.
La mia rotta è mobile e cangiante ed è dettata dall’intuizione, quando riesco a non interferire con essa.
Nel tempo la ricerca si è direzionata, da una parte, verso tematiche intime e simboliche, integrando l’indagine psicologica e le memorie familiari, appropriandomi anche dell’utilizzo di tecniche appartenenti tradizionalmente all’universo femminile come cucito, ricamo e tessitura; dall’altra verso tematiche più ampie e generali e per certi versi universali. Mi impegno a stanare i condizionamenti personali e collettivi, quelli interiorizzati, quelli che si nascondono molto, molto bene tra le pieghe della mente, delle consuetudini e delle tradizioni. Sono sempre più interessata all’Arte Partecipativa e ai suoi sviluppi.
Seguo una naturale inclinazione a portare cose dalla bidimensionalità della visione mentale alla tridimensionalità creando “oggetti a funzionamento simbolico”, come direbbero i surrealisti. Assaporo la pace quando le mie mani sono operose e mi sento realizzata quando qualcosa che si è manifestato nella mia mente si materializza così da poter essere condiviso con altri e altre.
Lo sguardo, l’interazione o la collaborazione altrui “completa” l’opera e continua a renderla viva.
Un tema ricorrente è quello del contenitore, del rifugio, del confine. Il tema della casa e la dialettica
interno-esterno. Il confine materiale e immateriale tra il sé e l’altro e tra il sé privato e il sé pubblico.
Parallelamente, per diversi anni mi sono divertita a costruire una singolare e ironica cosmogonia personale, fatta di alieni di stoffa, donne uccello, totem, astronavi e macchine del tempo.
Recentemente mi sono laureata in Arte per la Terapia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma elaborando un laboratorio itinerante in compagnia del Caso: La Passeggiata Aesthetica ispirata al grande insegnamento sociale delle pratiche situazioniste e fenomenologiche da una parte e dal grande potenziale della rottura delle abitudini e della routine che risiede nella Pratica-della-Presenza dall’altra. Il caso, l’errore e il gioco ne sono ingredienti fondamentali. La relazione con il sé-insolito e con l’alterità, ambiente, cosa o persona che sia, né è il cuore.
Sono affascinata dalle coincidenze, dal caso e dall’errore e dalla possibilità di essere integrati nell’arte e nella vita. Sospetto che possano nascondere la presenza del Creatore/della Creatrice e che possano rivelare alcune delle cose più interessanti dell’esistenza.
Se la libertà più autentica è nella Presenza-nel-Presente, parafrasando la citazione di un famoso film potrei dire che: “there’s no moment like this moment, so This must be The Moment” (non c’è momento come questo, quindi questo deve essere il momento)».
Paola Valenzano